LAVORI NUOVI, LAVORI VECCHI

(parte seconda)

Oggi l'artigiano, sempre pi spesso, non pi un soggetto indipendente che lavora nella sua piccola bottega, ma sempre più un prestatore d'opera che accetta lavori in sub-appalto (termine qui inteso nel suo significato pi brutto). Vediamo per esempio quanto accade nel mondo delle costruzioni edili. L'artigiano edile si divide fondamentalmente in due categorie: il piccolo impresario (oggi sempre pi raro) ed il prestatore d'opera che, singolo o in società con altri artigiani, lavora esclusivamente per conto di imprese medie e/o grandi. Questi prestatori d'opera a sua volta si suddividono in due categorie: quelli più tradizionalisti che lavorano "a ora" o "a giorno", tutelati da una forma contrattuale se pur minima, e i "cottimisti" il cui rapporto di lavoro regolato solo dalla quantità prodotta. Se da un lato gli artigiani - prestatori d'opera del tipo "a giornata" conservano ancora un legame con i lavoratori dipendenti in quanto parte integrante della struttura dell'impresa con la quale condividono i tempi di lavoro, le responsabilità in materia di esecuzione e di sicurezza sul lavoro, gli strumenti di lavoro e, non di rado, hanno potere decisionale in quanto collaboratori a tutti gli effetti. In passato, meno oggi purtroppo, non era raro assistere anche a momenti di solidarietà tra questi artigiani ed i lavoratori dipendenti dell'impresa, in quanto non erano unite separate ma un corpo unico che condivideva la vita di cantiere. La nascita, forse sarebbe meglio dire la radicalizzazione, del concetto di subappalto ha portato alla nascita del cottimismo. Il cottimista un artigiano edile specializzato nella realizzazione di una sola fase del ciclo costruttivo di un edificio; specializzazione che a fronte di un minore impegno di attrezzature ed una maggiore concentrazione dei tempi d'esecuzione consente di abbassare il costo delle singole fasi costruttive, basando il compenso non pi sul tempo necessario all'esecuzione di un'opera, ma sulla sua quantità . Il fenomeno nasce alcuni decenni fa con il boom edilizio legato sia allo sviluppo di molte località turistiche che alla realizzazione di tante periferie-dormitorio delle città industriali; fenomeno per un certo periodo ridimensionato, ma oggi endemico. Oggi questo fenomeno si presenta ormai tanto frammentato da essere incontrollabile, dando quindi origine a situazioni di auto sfruttamento e/o, peggio, di lavoro nero. Viene da chiedersi chi in un simile panorama ne trae guadagno, e perché. A guadagnarci sopra sono certamente le imprese appaltatrici. Queste, con pochi operai regolarmente assunti e con le attrezzature di cantiere ridotte all'osso, si incaricano dell'esecuzione dei lavori ed affidano, di volta in volta ed in subappalto, l'esecuzione delle varie fasi ad una serie di squadre di cottimisti, specializzate nell'esecuzione di una sola fase (fondamenta, strutture, ecc.), che succedendosi realizzano un edificio nel suo complesso impiegando i propri macchinari. In questo modo ad un'impresa, come gi sopra accennato, rimane solo l'onere dell'impianto del cantiere, della fornitura dei materiali di consumo e delle pulizie finali; oneri che possono essere svolti con pochi operai generici. Gli stessi costi dei cottimisti, poi, risultano bassi sia per motivi concorrenziali con altri artigiani, che per delle gestioni contabili in grado di sfuggire a controlli. In parole povere l'impresario oggi colui che coordina le varia squadre di cottimisti, imponendo tempi di esecuzione che poco hanno a che vedere con quanto stabilito dai contratti nazionali di categoria, e tiene la contabilità; il tutto con un dispendio di energie e denaro ridotto all'osso. Questa frammentazione del lavoro non consente, di fatto, uno scambio culturale, una crescita professionale e la tutela dei diritti dei lavoratori; finendo per escludere i sindacati dal posto di lavoro. Va considerato inoltre che questa frammentazione porta anche ad un minor impegno per rispettare le normative vigenti in fatto di sicurezza sul posto di lavoro.