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Pesca in Laguna: dal 1° Luglio si paga
1.000.000 per ogni pescatore.Sconti per chi conferisce il pesce al mercato consortile
La
notizia sulla possibilità che la dirigenza del Consorzio peschereccio
di Caorle avrebbe applicato una tassa per la pesca in laguna era nell’
aria da tempo. Il primo luglio, una lettera firmata dal commissario rag.
Mario Salvador, ha confermato ciò che ormai era a conoscenza di
tutti: dalla data del 1 luglio: 1. il permesso di pesca in laguna (nelle
acque soggette al diritto esclusivo di pesca del Consorzio) viene rilasciato
al singolo pescatore, sia esso socio o non socio del Consorzio; 2. tale
permesso verrà rilasciato dietro pagamento di lire 1.000.000 annue,
suddiviso in 5 rate anticipate. Il permesso consentirà ogni tipo
di pesca ad esclusione della raccolta delle vongole “veraci”. Per questo
tipo di attività, al momento opportuno, verrà rilasciato
un apposito permesso con modalità e prescrizioni che il Consorzio
si riserva di definire. Per quanto attiene il conferimento, ai pescatori
non verranno applicati i diritti di mercato sino alla concorrenza dell’
importo di 1 milione, pagato per l’ ottenimento del permesso di pesca,
3. Per ottenere il suddetto permesso, il pescatore dovrà dimostrare
di essere in possesso di licenza di cat. “A” (professionale). Poche righe
per suscitare un finimondo di proteste, a dire il vero poco giustificate.
Tra le righe del documento si legge una sostanziale eguaglianza di trattamento
tra tutti i pescatori, quelli che sono rimasti fedeli alla casa madre e
quelli, che per interessi vari hanno deciso di costituire delle cooperative
del tutto indipendenti ed autonome dai servizi offerti dal Consorzio. La
quota di un milione, che permette di esercitare per un anno la pesca in
laguna, cade sulla testa di tutti. Può avere effetti limitati se
in contropartita ogni pescatore porta il pesce raccolto giornalmente al
mercato consortile. Questa prescrizione (comunque opzionale anche per i
soci) consentirebbe di allargare la base contributiva alle spese di gestione
con ovvi benefici alla sopravvivenza dell’ ente. Il decreto del commissario
tiene anche conto di una realtà marginale, ma comunque importante.
Per pescare in laguna devono munirsi del permesso anche i pescatori pensionati.
Per loro è stata studiata una quota di 500.000, che può essere
progressivamente annullata defalcando le quote giornaliere dovute dagli
operatori al servizio di mercato. A questo punto (quando si tratta di pagare)
è scatto in molti un moto di rivolta. L’ obiezione più corrente
che si vocifera tra le banchine del porto e nelle taverne frequentate dai
pescatori è la seguente “come può il Consorzio imporre una
tassa per la pesca in laguna?
Da
oltre un millennio in quest’ area vige un riconosciuto “diritto inalienabile
di pesca a favore di tutta la comunità caorlotta”. In base a questa
assunto ogni cittadino, almeno pescatore professionista, dovrebbe essere
titolare di questo diritto, senza la mediazione del Consorzio. Qui il discorso
si allarga al campo del Diritto e comincia a farsi un po’ ingarbugliato.
Nel suo “Privileggio delle acque” in cui include il caso della comunità
di Caorle, il prof.Ivone Cacciavillani svolge la sua indagine iniziando
con la famosa “Dogale” del Doge Francesco Foscari, datata 15 dicembre 1439.
In questa “terminazione” (l’ attuale Decreto legge), vengono stabiliti
dei diritti e dei doveri tra la Serenissima e la non meglio distinta “Comunità
di Caorle”. In cambio di tasse o un canone di concessione a favore di Venezia,
ai caorlotti veniva riconosciuto il diritto esclusivo di caccia e di pesca
nell’ ambito territoriale delle lagune comprese il Livenza ed il Tagliamento
e tra questi capisaldi il diritto di pesca in mare fino alla “terza onda”
(circa 500 metri dalla spiaggia). Quest’ ultima parte della “dogale” dovrebbe
imporre una rilettura dei rapporti di proprietà e di diritto tra
la Comunità di Caorle e il Demanio Marittimo. Va ricordato, per
inciso; che la città di Grado, fino a pochi anni orsono godeva pienamente
di questo diritto con benefici tangibili sui costi di concessione degli
arenili. Evidentemente era stato implicitamente esteso “il diritto inalienabile
di pesca” a qualsiasi forma di attività economica. Non è
difficile sostenere tale assunto. I benefici che la Serenissima volle estendere
ai sudditi o meglio ai quartieri periferici di Venezia (il Dogado) riguardavano
tutte le attività economiche possibili allora, che erano appunto
la pesca e la caccia. Se in qualche maniera fosse esistita florida l’ economia
turistica come oggi, avrebbe sicuramente incluso nel “Privileggi” anche
la possibilità di piantare degli ombrelloni. Ma teniamo presente
che la famosa “dogale” era la cessione di un diritto in cambio di un corrispettivo
di “due ducati d’ oro” all’ anno. Tornando alla nostra pesca, va ricordato
che in epoca di dominio austriaco 1853, il Comune di Caorle cedette ogni
diritto al neonato “Consorzio pescareccio”. I pescatori che misero la firma
e la croce su tale accordo furono Nicolò Smerzo, Angelo
Marin detto Cusin ( omonimo bisnonno dell’ autore dei due pregiatissimi
documenti sui casoni e sui bragozzi che pubblichiamo sulle pagine del nostro
sito Internet) ed
Antonio
Gallo detto Sfrisi. Dopo questo passaggio i rapporti tra comune e pescatori
va via sempre più allontanandosi dai propositi iniziali. L’ accordo
originario della cessione è introvabile. Però si può
desumere da altra documentazione che all’ inizio si trattasse di una rapporto
fiduciario tra amministrazione pubblica che aveva ceduto il diritto ed
i pescatori che lo avevano acquisito. Nel senso che qualsiasi atto o azione,
compresi i permessi di pesca in laguna “gratuiti” , tutto doveva passare
attraverso un funzionario del comune. Poi con il tempo le distanze si allargarono
ed il Consorzio peschereccio cominciò ad intraprendere, come succede
oggi, una strada del tutto autonoma. Nei secoli il lavoro della pesca acquisì
significati diversi e più complicati. Non solo raccolta di pesce,
ma amministrazione, mercati lontani, trasporti, carburanti, commercializzazione...
senza contare le rogne che ha fatto emergere l’ indagine della Reconta
dalle gestioni degli anni ‘80. A questo proposito non possiamo formulare
dubbi verso alcuno in quanto, lo prescrisse una direttiva del Comune di
Caorle del 1857 “... il Consorzio deve radunarsi ogni tre anni nell’ ufficio
Comunale onde eleggere tre individui onesti e probi ed i più esperti
nella pesca....” (Fotoreportage Centralfoto- Caorle)
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